Quando arrivai in ufficio tutto era andato secondo le previsioni: lo sciopero mi aveva reso intrattabile.
Accesi il computer e posai il cappotto; presto notai il computer di Marco acceso.
L’open space non è certo il tempio della discrezione, così subito vidi che stava parlando con Toscani, il manager che dirigeva il nostro ufficio.
Quando venne a sedersi, mi salutò con la consueta cordialità:
“Ciao capo”.
“Ciao Marco”.
Capo era il nomignolo con cui mi appellava di tanto in tanto.
Era infatti più piccolo di me di qualche anno, ma soprattutto era arrivato da poco. Mi avevano affidato il compito di fargli da tutor e io avevo interpretato quell’incarico come una vera rogna. In realtà non era stato affatto tale; Marco era un ragazzo sveglio, intelligente, curioso e aveva appreso presto gran parte di ciò che doveva imparare.
Praticamente, arrivato subito dopo l’estate, già prima di Natale era autonomo nei compiti che gli venivano affidati, a meno di piccoli dubbi e incertezze che di tanto in tanto mi sottoponeva.
Dai tre mesi di affiancamento che gli avevo fatto avevo ereditato la sua vicinanza di scrivania e l’appellativo di capo, nonché un sincero affetto.
Mentre stavo per chiedergli dello sciopero, con tono disarmante mi disse:
“Non mi hanno confermato, fra un mese vado via”.
A lasciarmi di stucco, più che le parole, fu l’espressione: un sorriso smorzato, appena accennato, ma capace di trasmettere insieme ironia e tristezza.
Marco era stato assunto in prova per cinque mesi, alla fine dei quali sarebbe scattata l’assunzione, previo riconferma; avevo ormai dato per assodato la sua assunzione, al punto da dimenticare del tutto il previo riconferma..
“So che ti dispiace, ma per favore continuiamo a lavorare normalmente, non ho voglia di parlarne”.
Con il capo feci segno di si; certo che mi dispiaceva e certo avrei rispettato la sua scelta .
Nelle ore successive radio ufficio fece egregiamente il suo lavoro cosicché venni a sapere che fra i sei in prova solo Marco non era stato riconfermato e che nel, comunicargli la decisione, Toscani gli aveva detto che, pur avendo grandi doti, si era tuttavia rivelato non idoneo alle nostre attività.
Un capolavoro di diplomazia, che altro dire!
Marco era molto più capace degli altri cinque. La realtà era ben diversa: era una testa pensante, e faceva sempre presente, anche con i dovuti modi, le sue opinioni. Inoltre, unico tra i sei in prova, a dicembre aveva aderito ad uno sciopero di categoria per il rinnovo del contratto.
A quello sciopero io non avevo aderito, anzi avevo fatto due ore di straordinario per compensare la sua assenza.La giornata trascorse come aveva chiesto Marco, come se niente fosse accaduto. La sua reazione mi disorientava, non riuscivo a capire se quello era il suo atteggiamento tipico dinanzi alle cattive notizie o se, alla fine, non gli dispiaceva poi tanto lasciare quel posto.
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